sabato 28 maggio 2011

Modì


Amadeo Modigliani , scultore e pittore nasce a Livorno il 12 luglio 1884, noto anche con gli pseudonmi di Dedo e odi e celbre per i suoi ritratti femminili caratterizzati da volti stilettati e colli affusolati.
Quartogenito di Flaminio Modigliani e Eugènie Garsin, famiglia di tardizione israelitica e cresciuto in povertà, dopo che l' impresa del padre andò in bancarotta.
Nel 1901 durante un viaggio con madre scopre Napoli, Amalfi, Capri, Roma e Firenze e l' anno dopo si iscrive alla scuola libera di Nudo dell' Accademia di Belle Arti a Firenze, dove studia i pittori "Macchiaioli", gli impressionisti italiani sotto la guida di Giovanni Fattori.
Nel 1903, Amadeo Modigliani si trasferisce a Venezia per studiare all' Accedemia di Belle Arti. Qui in occasione della Biennale, incontra la grande arte francese di fine secolo:gli Impressionisti.
Dopo un breve viaggio in Inghilterra, nel febbraio del 1906 arriva a Parigi dove prende in affitto un atelier a Montmartre, dove spiccano personaggi come Pablo Picasso, Andrè Salmon e Max Jacob, iscrivendosi
ai corsi di disegno dell' Accademia Colarossi.
Amedeo nell 'ambiente intellettuale stimolante di Parigi ,lavora alacremente, frequenta i pittori delle varie correnti ed espone le sue prime opere al Salone d' Autunno a Parigi e poi nel 1908, al Salone
 des Indèpendents nella sala dei pittori Fauves.
Laciato Montmartre per Montparnasse, il pittore incontra Brancusi alla Citè Faulguière, si appassiona alla scultura e scolpisce con lui nel suo atelier parigino e lo invita a Livorno, dove si recheranno insieme durante l' estate del 1909. In questo periodo parigino Modigliani, che conduceva una vita fuori dalle mode e dalle correnti, da bohèmien, sregolata, fisicamente minato, dedito al bere, agli stupefacenti e alle donne, in perenne difficoltà economiche si cimenta nei primi ritratti.
Nel 1910, quando Modigliani espone al Salone des Indèpendents, la critica gli è favorevole,ma durante quell'anno sotto l'influenza delle forme arcaiche degli idoli e delle maschere primitive, si dedica esculsivamente alla scultura.
Durante i primi mesi del 1912, Modigliani dipinge su tela ritratti e nudi, ma durante l'estate  ritorna a Livorno per riconquistare la salute minata dal tifo con complicazioni polmonari e per lavorarealla scultura direttamente su pietra. Nel 1913, il mercante d' arte Chèron gli proprone un primo contratto di lavoro remunerato per i suoi dipinti.
Dopo la dichiarazione di guerra nel 1914, Modigliani  interrompe le relazioni con molti amici artisti, questo è un periodo importante per la sua arte: abbandona la scultura e la pittura diventa forma di espressione.
Modigliani diventa famoso per il suo rapido modo di lavorare; si dice completasse un ritratto in una o due sedute e una volta terminati, non ritoccava mai i suoi dipinti.
Nel marzo del 1917, incontra Jeanne Hèbuterne, dicianovenne allieva dell' Accademia Colarossi, spesso da lui ritratta.
Pittrice bellissima e di eccezionale talento se ne innamora perdutamente e vanno a vivere insieme in Rue de la Grande- Chaumière a Montparnasse, in un atelier che Lèopold Zborowsky, poeta polacco in eslio e grande amico del pittore prende in affitto per loro.
La sua prima esposizione personale dell'artista italiano ha luogo alla galleria Berthe Weill, ma viene chiusa il giorno dell 'inagurazione per oltraggio al pudore.
Nel 1918 l'aggravarsi della salute del pittore lo obbliga a trasferirsi per qualche mese in riviera per un soggiorno a Nizza ed a Cagnes dove dipinge gli unici paesaggi di tutta la sua carriera.
La Galleria Paul Guillaume a Parigi presenta un' esposizione collettiva di opere della pittura giovane ed i quadri di Amedeo sono a fianco di quelli di Henri Matisse e di Pablo Picasso.
Il 29 novembre 1918 nasce la piccola Giovanna, figlia di Amedeo e Jeanne.
A Londra ,Zborowsy organizza con i fratelli Sitwels un esposizione collettiva: " Modern Frech Art" accompagnata dai primi articoli elogiativi sui giornali.
Nel gennaio del 1920 Modigliani si ammala di polmonite dopo essersi attardato, ubriaco sotto la pioggia.
Pochi giorni prima di morire il pittore sviene nello studio che divide con Jeanne che incinta di otto mesi e completamente paralizzata dal terrore, gli resta accanto mentre agonizza, senza aver la forza
 senza aver la forza di chiamare il medico.
Modigliani muore e viene sepolto il 22 gennaio al cimitero del Perè Lachaise a Parigi ed il corpo di Jeanne Hèbuternè suicidatasi il girono dopo la morte dell'artista, riposa al suo fianco!





venerdì 27 maggio 2011

Alfred Stielglitz Camera Work-the complete photographs

La ricerca che impegnò Alfred Stieglitz (1864 – 1946) per tutta la sua vita fu quella di emancipare la fotografia da stereotipate inquadrature di soggetti canonici che la rendevano una sorta di pittura tecnologica. Così, attraverso la rivista Camera Work si assiste al passaggio dalla fotografia pictorialist dell’Ottocento a quella dinamica e oggettiva, tipica del Novecento, nonché all’unica vero laboratorio su cui venivano sperimentate tutte le più innovative ricerche delle avanguardie europee.
Camera work diventa il punto di riferimento per una discussione critica sulla fotografia e sul suo rapporto con l’arte a cui parteciperanno scrittori come Gertrude Stein e George Bernard Shaw. Sulle sue pagine è possibile vedere riproduzioni di alta qualità dei dipinti, sculture e disegni di Rodin, Matisse e Picasso così come opere dei più grandi fotografi del tempo.
Con Camera Works e successivamente con la “galleria-pilota 291” la causa della fotografia diretta diviene la missione di Alfred Stieglitz. E’ il 1902 quando nasce la rivista, organo di stampa della Foto-secessione, che rifiuta i canoni imposti dal pictorialism e guarda piuttosto alla pittura tedesca di fine secolo, ai simbolisti e alla nascente rivoluzione cubista.
Le immagini cercano di comprendere la realtà del loro tempo affermando che lo sguardo del fotografo non deve essere manipolato in sede di stampa perché come afferma Paul Strand “la fotografia trova la sua ragione d’essere nella totale ed incondizionata obiettività. L’intervento manuale e la manipolazione esprimono soltanto un desiderio impotente di dipingere”.






Antonio Marras

  L’intellettuale. E ancora, l’artista, il poeta del lusso. Quando si parla di Antonio Marras, stilista sardo titolare dell’omonimo marchio, si entra in un terreno che ha pochi paragoni nel panorama odierno della moda: nelle sue collezioni poesia, memoria, tradizione si sposano con una sapienza artigiana piuttosto rara tra i suoi colleghi. Il risultato sono collezioni senza tempo, in cui tessuti pregiati e ricami diventano espressione di un talento che, fin dagli esordi, ha trovato nel forte legame con la sua terra d’origine il marchio distintivo. Dalla sua Sardegna non si è infatti mai voluto separare. Non lo ha fatto neanche quando nel 2003 Bernard Arnauld, patron del numero uno mondiale del lusso Lvmh, gli ha affidato il rilancio dell’ex marchio giapponese Kenzo. Meglio fare la spola tra Parigi e Milano, che lasciare Alghero, dove continua a vivere insieme alla moglie Patrizia e i due figli.
Ostinato nel suo splendido isolamento sardo, lo stilista ha fatto della perseveranza, associata ad una sconfinata dedizione per il lavoro, il suo cavallo di battaglia. Talvolta visto con sospetto dagli addetti ai lavori per eccesso di intellettualismi, lo stilista-poeta di Alghero è riuscito nel giro di pochi anni ad imporsi all’attenzione del mercato, entrando a pieno titolo tra i rappresentanti più noti del made in Italy all’estero.
Dopo anni di consulenza per una società della moda, il suo battesimo ufficiale è arrivato nel 1996 sulle passerelle dell’Alta Moda romana. Già nella sua prima sfilata couture sono presenti gli elementi chiave del suo stile: una forte componente artigianale e la Sardegna come fonte d’ispirazione. Il suo talento non passa inosservato. Di lui, in particolare, si invaghisce il gruppo bolognese Les Copain, che decide di investire su questo giovane emergente. È grazie al supporto industriale dei nuovi soci che nel 1999 vedrà la luce la prima collezione prêt-à-porter firmata Antonio Marras. La collezione, dedicata alla scrittrice Annemarie Schwarzenbach, racchiude tutti gli elementi che compongono la sua poetica: elementi di grande ricchezza decorativa si innestano su abiti vintage in mix-match di ricco e povero, maschile e femminile in cui fanno da sfondo suggestioni di costumi sardi.
Dal prêt-à-porter alla collezione uomo il passo è breve: il debutto arriva nel 2002 al Pitti Immagine Uomo. Da allora la linea uomo ha continuato a sfilare regolarmente a Milano durante la settimana della moda. Poi, in attesa di tempi migliori, la decisione di metterla in stand-by. Un po’ per la crisi, un po’ perché i numerosi impegni di lavoro in cui lo stilista è impegnato mal si conciliano con il rigore che da sempre contraddistinguono i suoi abiti.
In effetti, a guardar bene i numerosi progetti in cui è impegnato, viene da chiedersi come faccia occuparsi in prima persona di tutto. A fianco alle collezioni donna, Antonio Marras è, dal 2002, impegnato nella linea “Laboratorio”: abiti in tiratura limitata, realizzati a mano nel laboratorio dove vive e lavora, e che spesso sono punti di partenza per modelli che confluiranno nella prima linea.
Oltre a seguire il proprio marchio, dal 2003 lo stilista segue Kenzo, società che fa parte del grande universo di Lvmh: entrato in punta di piedi per disegnare la collezione femminile, nel 2008 la società francese ha deciso di ampliarne i poteri, nominandolo direttore artistico globale.
Come se non bastasse, negli ultimi anni Marras si è lanciato nel progetto I’M Isola Marras: una seconda linea rivolta ad una clientela più giovane e anche più abbordabile nei prezzi, prodotta e commercializzata su licenza da Interfashion, società del gruppo Stefanel. «Da molto tempo desideravo ampliare il mio discorso verso un pubblico più vasto rispetto a quello che fin qui ha apprezzato le mie prime linee, ma per farlo avevo la necessità di trovare il partner giusto per un simile progetto. Interfashion ha dimostrato di esserlo per know-how, competenza e penetrazione di mercato». Nella nuova linea si ritrovano tutti i codici che hanno caratterizzato fin dall’inizio l’alfabeto di Antonio Marras, ma in una versione più casual, dove il jeans gioca un ruolo fondamentale. «In un certo senso, I’M è il mio lato B: nella collezione principale ho sempre esaltato il mio cotè più nostalgico, malinconico, retrò, mentre con I’M ho dato sfogo alla mia vena più ludica, giocosa, divertente. È una collezione sfiziosa, allegra, frizzante, che non si prende troppo sul serio».
Insomma, un periodo di grande fermento in casa Marras. Che in parte è da ricollegare alla recente acquisizione del 40 per cento in mano a Les Copains. Nel 2007, Marras è tornato titolare unico del suo marchio. E in questa nuova fase della vita professionale ha deciso di aumentare il suo spettro d’azione, andando oltre i confini dell’abbigliamento.
All’avvio della campagna vendita della collezione donna autunno-inverno 2010-2011, lo stilista si è presentato al mercato con un tris di licenze che allargano significativamente la sua offerta prodotto. Tra queste, il recente accordo con Kallisté per la produzione di calzature, borse e oggetti di piccola pelletteria. Novità sono arrivate anche sul fronte della maglieria: a partire dalla collezione della prossima stagione autunnale, la produzione, prima affidata al gruppo Gibò, passa a Loma, un’azienda emiliana con una grande esperienza alle spalle nella maglieria di alto livello. Dall’accordo è nata una sorta di capsule con un numero di pezzi notevolmente aumentato sempre più indirizzato al total look.

A queste licenze si aggiunge infine il progetto «Soft Accessories» realizzato in collaborazione con Erica Industria Tessile Spa di Busto Arsizio (Varese) per la produzione di una vasta linea di accessori (dalle borse da viaggio e da lavoro ai portadocumenti e porta computer) realizzata utilizzando il tessuto come materia prima.
Resta da capire come lo stilista riesca a seguire tutto questo. «Sono uno stakanovista, anche se la vita che sto facendo ora, pur riempiendomi di soddisfazioni è davvero troppo intensa. Io ho bisogno anche di spazi per riflettere, per fare quello che davvero mi tocca l’ animo: il teatro, la danza, la musica e la pittura. Non sono uno stilista, sono un uomo prestato alla moda con interessi travolgenti verso altre discipline, mi confronto quotidianamente con altri universi. Il problema è che tutti ormai viviamo in uno stato di urgenza totale, una vita al limite del nevrotico».